Il Fronte Italiano Occidentale
tratto
Livigno - Laghi Cancano - Bormio - Stelvio - Gran Zebrù - Ortles - Cevedale
Pizzo San Matteo - Passo del Tonale - Adamello/Brenta - Valle delle Chiese - Riva del Garda

   "L'odio spezza la vita, l'amore la rende eterna."
(Croce innalzata dagli alpini nel 1974 sul Sacrario del San Matteo, mt. 3678)

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Resti di una stufa da cucina presso il villaggio Austriaco  mt(2.767)
dislocato presso la Dreisprachenspitze


        In questa sezione verrà ripercorsa parte di quello che idealmente e realmente rappresentò il vero Fronte Occidentale tra l'Italia e l'impero Austro-Ungarico durante il primo conflitto mondiale. Il tratto in questione riguarda infatti la zona di confine tra la Lombardia ed il Trentino che durante il conflitto non subì, si può dire, nessun cambiamento significativo.
Si tratta di un percorso le cui tappe sono state percorse in tempi diversi; quì verranno ricomposte dandone unità con quella che in realtà rappresentò la prima linea.
Per quanto l'Italia avesse negli anni precedenti aderito al trattato della Triplice Alleanza con Germania ed Austria, era ancora vivo il sentimento irridentista, cioè l'aspirazione a completare l'unità con i territori di Trento e Trieste ancora inglobati nell'impero austriaco; questo, tra gli altri, era uno dei motivi che aveva indotto l'Italia, a seguito del confronto tra gli interventisti ed i neutralisti, a partecipare, in un secondo momento, 24 maggio 1915 appunto, al conflitto contro gli stati centrali (Austria, Germania, Bulgaria ed Impero Turco).
Una delle zone di maggior tensione bellica viene così a dislocarsi, tra le altre, anche lungo il confine tra la Lombardia ed il Trentino interessando anche le località adiacenti a queste specialmente con opere di fiancheggiamento adibite a supporto del fronte vero e proprio. Tra queste ultime vanno ad inserirsi le zone di confine a diretto contatto con la Confederazione Svizzera da cui, per quanto si fosse dichiarata neutrale, si aveva comunque timore di un possibile sfondamento da parte Austriaca. Per tale motivo, oltre al supporto logistico al fronte vero e proprio (e.g. zona del Livignasco, Forte Venini, ...) era stata anche realizzata tutta una linea fortificata che rientra nel progetto conosciuto come Occupazione Avanzata Frontiera Nord (O.A.F.N) o più semplicemente La linea Cadorna.
Infatti, nel seguente stralcio di lettera che il generale Cadorna fece pervenire al Ministro della Guerra il 13 agosta del 1914, si evince la sua preoccupazione di una eventuale forzatura del confine:

"... la situazione diverebbe di una gravità incalcolabile qualora una qualunque minaccia si preannunciasse attraverso il saliente ticinese, che protende la punta del suo cuneo formidabile nel cuore stesso del piano lombardo a sole due tappe da Milano, e cadendo alle spalle del nostro esercito eventualmente schierato di fronte all'Austria, ne sconvolgerebbe e ne paralizzerebbe l'azione. ..."

Per approfondimenti su tale opera, edificata però ad una certa distanza dal confine Elvetico, si rimanda alla sezione apposita.
La zona di confine tra Lombardia e Trentino, teatro degli scontri, è possibile suddividerla in sezioni principali (di essi si ha indicazione sulla cartina sotto riportata):
    1. Da Livigno alle sorgenti dell'Adda: la via Imperiale d'Alemagna ed i laghi di Cancano e Fraele
    2. Il forte Venini di Oga
    3. I Bagni Nuovi di Bormio e le Cantoniere per lo Stelvio
    4. Il passo dello Stelvio, la Dreisprachenspitze e la Cima Garibaldi
    5. Il Gran Zebrù, il Cevedale ed il rifugio Casati, il Ghiaccio dei Forni;
    6. Passo del Tonale
    7. Pizzo San Matteo
    8. L'Adamello ed il Brenta
    9. La Valle delle Chiese - Riva del Garda

 

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Il Fronte Occidentale; lo scenario logistico sul fronte durante il Conflitto

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Da Livigno alle sorgenti dell'Adda
la via Imperiale d'Alemagna ed i laghi di Cancano e Fraele

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Il Monte Scale (mt. 2.521) visto dalla valle di Fraele
sede di quella che fù un'importante postazione di presidio della Valle del Braulio e del Bormiese

1.1 L' Inquadramento Storico
1.2 L'Escursione

1.1 Inquadramento Storico
La zona del Livignasco, che comprende la zona che da Livigno porta ai laghi di Cancano e Fraele (che a quel tempo non esistevano ancora in quanto originatesi a seguito dei lavori effettuati dalla A.E.M.), in pratica non fu mai toccata dal conflitto, in quanto situata proprio a ridosso del confine con la Svizzera, la quale si era dichiarata apertamente neutrale; a tal punto che una delle principali preoccupazioni da parte dell'esercito italiano era quella di evitare ogni possibile comportamento che potesse venire considerato ostile, pericoloso e quindi male interpretato da parte degli elvetici.
La località venne più che altro utilizzata come zona di transito per le truppe; la strada sterrata presente in Val Alpisella che collega Livigno, in gran parte carozzabile e di origine militare, fù appunto costruita dagli alpini al fine di poter movimentare mezzi e truppe a supporto delle postazioni più avvanzate.

Una di queste postazioni è rappresentata dal Monte delle Scale (mt 2.521), su cui risiedono ancora i resti della postazione e della relativa caserma di supporto; ora si trova anche una enorme croce, visibile dsal fondo valle, a ricordo di quegli avvenimenti. La postazione, strategica per la visuale che offriva sul fondo valle, visitata a suo tempo anche dal re, era dotata inzialmente di cannoni di piccolo calibro (pezzi da 75mm), poi sostituiti con altri di calibro maggiore (pezzi da 120 e 149 mm) che comunque non erano in grado di dare supporto alle postazioni situate sullo Stelvio; aveva lo scopo primario di controllare l'alta valtellina e la valle del Braulio che la collegava al passo dello Stelvio, ove era situata la prima linea. In tale modo ogni eventuale sfondamento da parte degli austriaci poteva venire monitorato e subito tenuto sotto tiro.

In questa valle vi transitava l'antica Via Imperiale di Alemagna, che permetteva il collegare l'alta valtellina con l'Engadina prima che venisse costruita, nel diciottesimo secolo, la strada per lo Stelvio, ad opera dell'Ing. Donegani. A testimonianza di ciò sono dislocate due torri, dette di Fraele, poste all'ingresso della valle e rappresentanti la zona di frontiera per il pagamento dei dazi.

1.2 L'escursione

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Il Forte Venini di Oga
(escursione luglio 2003)

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I cannoni del Forte Venini di Oga
puntati verso lo Stelvio e la Val del Braulio

2.1 L' Inquadramento Storico
2.2 L'Escursione

2.1 Inquadramento Storico
Il forte Venini di Oga, situato nei pressi di Bormio venne costruito tra il 1908 e 1912 sul Monte Masucco, 1732 mt, e venne intitolato al capitano valtellinese Venini per meriti di guerra. Ebbe, al pari della postazione situata sul Monte delle Scale, a questa poco distante e edificata quale opera di supporto al forte, lo scopo primario di controllare l'alta valtellina e la valle del Braulio che la collegava al passo dello Stelvio, e di bloccare un eventuale sfondamento da parte delle truppe Austriache. Per la sua costruzione si individuò una zona strategica, il  Monte Masucco appunto, tale da poter controllare le valli sottostanti, quindi Bormio, la val Braullio e la Valfurva.

Il forte è dotato da cupole girevoli con cannoni da 120 mm ma di tipo speciale, tali da permettere di raggiungere gittate oltre quelle dei normali 120 mm, fino ai 12.800. Per tale motivo, servì anche da supporto alla prima linea che si trovava sullo Stelvio, partecipando anche alle azioni come quelle sullo Scorluzzo ed il Cristallo, non supportate invece dai cannoni posti sul Monte delle Scale. E' circondato da fossati in cui vi sono ancora presenti i reticolati originari a punte di ferro disposte a ragno, avente lo scopo di impedire agli avversari di avvicinarsi.

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Il Forte Venini di Oga da foto di Archivio
1.Piano d'Insieme -  2.Planimetria

2.2 L'escursione
Al forte si accede partendo dalla località Santa Lucia a Bormio che dopo una serie di tornanti si arriva ad Oga piccola frazione di Valdisotto. Da quì inizia una strada sterrata, percorribile con i mezzi motorizzati, che porta fino all'albergo "Al Forte" ove partono alcuni impianti sciistichi di risalita. Da quì inizia la strada militare nel bosco che porta al Forte, situato al Dossaccio, dopo 10 minuti di percorrenza a piedi; nella pare iniziale della strada è situata sulla sinista una casermetta costruita dopo il primo conflitto.

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I Bagni Vecchi e Nuovi di Bormio e le Cantoniere per lo Stelvio

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I Bagni Vecchi (Bormio,  ora anche Bagni Nuovi)
sede del Comando Centrale delle truppe operanti in zona.

3.1 L' Inquadramento Storico
3.2 L'Escursione

3.1 Inquadramento Storico
Dai laghi di Cancano il comando italiano aveva poi costruito una mulattiera, carrabile nella parte iniziale, che porta allo Stelvio. La si imbocca pesso il rifugio Solena, ed è' infatti  possibile percorrerla in bici o, ipoteticamente anche in moto; ovviamente l'accesso ai mezzi motorizzati è vietato trattandosi, tra l'altro, di una zona facente parte del parco naturale dello Stelvio. Continuando per le Bocchette di Forcola, ove vi sono ancora presenti la caserma usata come posto di supporto nonchè molte opere difensive costituite da trincee, per le Bocchette di Pedenolo ed il Piz Umbrail si giunge, passando per la IV Cantoniera, alla Stelvio.
Il motivo di questa nuova strada militare risiedeva nel fatto che solo così ci si poteva avvicinare e quindi monitorare, il più possibile, il confine, specialmente in una zona via via sempre più critica, dal momento che ci si allontava sempre più dal solo confine con la Svizzera, ricordiamo neutrale, e ci si avvicianava invece anche a quello col Trentino, nelle mani dei nemici, gli Austriaci appunto.

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III Cantoniera (Bormio)
Lapide in ricordo dei caduti

Parallelamente, la statale che da Bormio porta allo Stelvio veniva invece utilizzata per il trasporto delle truppe e di tutto il materiale a supporto del Fronte situato presso il Passo. A Bormio, presso i Bagni Nuovi, si trovava il comando vero e proprio delle truppe operanti in zona. Attualmente, ristrutturati, rappresentano una attrazione turistica del posto anche per i benefici salutari delle sue acque, che sgorganno a temperatura costante tutto l'anno.

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IV Cantoniera (Bormio)
Sede del Quartier Generale Avanzato delle truppe impegnate in zona


Tra Bormio e lo Stelvio esistevano, ed esistono tuttora, quattro cantoniere tutte utilizzate come punti di osservazione e ristoro per le colonne che salivano il passo. In particola modo nella IV Cantoniera, prossima allo Stelvio, risiedeva il Quartier Generale Avanzato delle truppe impegnate nella zona; tra l'altro fu semidustrutta dai bombardamenti Austriaci; ora, ricostruita è in parte abbandonata ed in parte adibita a ristoso; presso di essa risiede la zona di confine con la Svizzera.
Attualmente la I Cantoniera è ridotta a rudere, caduta sotto il proprio peso, essendo stata lasciata a se stessa. Presso la III, invece vi è una cappella ed un monumento ai caduti di recente costruzione.

3.2 L'Escursione
Da Bormio è sufficente seguire la statale per lo Stelvio, che porta direttamente al Passo passando per i Bagni e le cantoniere.

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Il passo dello Stelvio,
la Dreisprachenspitze e la Cima Garibaldi
(escursione luglio 2003)

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Lo Scorluzzo ed il Scorluzzino (Bormio)
viste da Cima Garibaldi  presso la Dreisprachenspitze
In primo piano resti della trincee a difesa della zona, allora in mano agli Austriaci

4.1 L' Inquadramento Storico
4.2 L'Escursione

4.1 Inquadramento Storico
Al passo dello Stelvio, presso la Cima Garibaldi vi era la cosidetta Dreisprachenspitze o Cima delle Tre Lingue, poichè proprio qui si incrociavano i confini di Svizzera, Italia ed Austria. Cima Garibaldi si raggiunge salendo per circa 100 metri sopra al passo stesso. A ridosso della cima, presso cui ora risiede un piccolo ristoro, costruito sui alcuni resti, vi era un villaggio Austriaco di cui è possibile visitare i resti, ancora molto visibili.
Si trovano infatti molti perimetri di quelle che furono le abitazioni dei soldati, fino a giungere, a circa 500 mt di distanza dalla Cima Garibaldi, in una piccola conca riparata, a quello che fu il villaggio vero e proprio. Infatti le costruzioni non sono più isolate, ma tra loro adiacenti; è possibile riconoscere ancora, pressochè intatte, le stufe che servirono per riscoldarsi o per cucinare. Si tratta di manufatti in pietra-cemento cavi, con un'apertura in alto, per porre su la pentola, ed una di fronte per inserire la legna-carbone. Presso il villaggio è presente ancora una piccola catasta di lattine (ancora ben conservate se si pensa che sono passati 85 anni) che contenevano la carne di cui l'esercito Austriaco si cibava. Cercando è possibile rinvenire alcuni cocci di vetro, di quelle che furone le bottiglie di vino, ed anche alcune ossa di origine animale, probabilmente dei muli o cavalli pesantemente utilizzati durante il conflitto.

Presso il passo vi è presente il museo Carlo Donegani, in cui vi sono conservati reperti bellici ritrovati nella zona. Il museo si trova all'interno dello sportello bancario, il più alto d'europa, pertanto chiuso il sabato, domenica e festivi in genere. Grazie all'Ing. Donegani venne edificata in soli 5 anni (1820-1825) la rotabile dello Stelvio, su commissione dell'allora governo Imperiale Lombardo-Veneto. Nel museo a lui intestato si trova anche traccia di alcuni documenti tecnici pertinenti alla costruzione della strada.
Difronte a Cima Garibaldi sono visibili il Monte Scorluzzo e lo Scorluzzino, che furono occupati dagli Austriaci e soggetti a vari tentativi di sfondamento da parte dell'esercito italiano, causa la posizione strategica da loro occupata.

4.2 L'Escursione
Da Bormio è sufficente seguire la statale per lo Stelvio, che porta direttamente al Passo passando per i Bagni e le cantoniere.

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Il Gran Zebrù, il Cevedale ed il rifugio Casati, il Giacciaio dei Forni

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Il Gran Zebrù, sullo sofndo, sede del famoso Nido d'aquile
In primo piano: traliccio di teleferica per il trasporto dei materiali
Sulla sinitra in basso: il passo settentrionale di Zebrù  proveniendo dal rifugio V Alpini
(vista  dal Rifugio Casati, mt.3.254, salendo per il Cevedale)

5.1 L' Inquadramento Storico
5.2 L'Escursione

5.1 Inquadramento Storico
"Nel corso del primo conflitto mondiale, l'estremità occidentale del fronte italo-austriaco attraversava i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella.
Allo scoppio delle ostilità i comandi militari Italiani ed Austriaci non erano preparati ad affrontare le problematiche di una guerra di alta montagna con permanenza ad oltre 3.000 metri di quota e ben presto si resero conto che la guerra lassù era totalmente diversa rispetto alle altre zone del fronte. Questo per la vastità e la morfologia del territorio che condizionava pesantemente ogni scelta militare. Secondo le strategie dell'epoca solo il possesso delle cime poteva garantire il controllo delle valli e la difesa doveva essere organizzata su più linee successive da abbandonare una ad una a seguito di un eventuale sfondamento avversario della prima linea. Questi due principi portarono a sanguinosi quanto inutili attacchi a cime rivelatesi in seguito non adeguatamente difendibili, nonché alla realizzazione contemporanea di tre o quattro linee difensive, togliendo energie per la formazione di una prima linea forte e disperdendo i reparti in estenuanti lavori dal valore tattico piuttosto scarso.

Alla dichiarazione di guerra da parte dell'Italia, l'Austria, da quasi un anno impegnata in durissimi scontri sul fronte Russo, dispone di pochi soldati da dedicare al nuovo fronte: gli austriaci, possono contare quasi esclusivamente sugli Standschutzen, civili al di fuori delle fasce di età della leva ma iscritti ai poligoni di tiro e quindi esperti tiratori. Questi, rapidamente inquadrati in reparti militarizzati, formarono quel velo difensivo che seppe resistere con coraggio ed abnegazione fino all'arrivo delle truppe fatte affluire dal fronte russo, questo anche grazie all'incapacità da parte italiana di sfruttarne l'intrinseca debolezza. Il Passo del Tonale fu da subito considerato il punto strategico dell'intero settore: per questo motivo tutte le azioni, sia da parte italiana sia da parte austriaca, ebbero come obiettivo, diretto o indiretto, il possesso ed il superamento dell'importante valico.

La prima azione di guerra sui ghiacciai fu affidata al battaglione “Morbegno” il 9 giugno 1915. Gli alpini, nel tentativo di cogliere gli austriaci di sorpresa e occupare la Conca Presena, effettuarono una vera impresa alpinistica risalendo la Val Narcanello, il ghiacciaio del Pisgana e attraversando la parte alta di Conca Mandrone. Tuttavia, appena iniziata la discesa in Conca Presena, avvistati, furono sottoposti ad un intenso bombardamento ed al preciso tiro dei Landschutzen (le truppe scelte da montagna dell'esercito austriaco) che, pur essendo di numero assai inferiore, respinsero l'attacco.
Il 15 luglio, risalendo la Vedretta del Mandrone, gli austriaci tentarono un'azione contro il presidio al Rifugio Garibaldi. Il piano fallì per l'abilità dei difensori, ma mise in risalto la vulnerabilità del sistema difensivo italiano che avrebbe potuto essere aggirato muovendo attraverso i ghiacciai.

Fu quindi rafforzata la vigilanza ai margini della Vedretta del Mandrone (sulla cosiddetta “Linea dei Passi”) e aumentata la consistenza del reparto di stanza presso il Rifugio Garibaldi che crebbe fino a divenire un battaglione autonomo di sciatori.
Il 25 agosto i reparti italiani furono impegnati in una nuova offensiva sulla sella del Tonale. Gli alpini, affrontando di notte notevoli difficoltà, riuscirono a conquistare la linea di cresta Castellaccio - Lagoscuro - Payer – Pisgana: fin da subito furono approntati i lavori per garantirne la difesa e i collegamenti, e quanto necessario per affrontare l'inverno ormai alle porte. Furono costruite baracche, postazioni d'artiglieria, scavate caverne e intagliati sentieri, sentieri di cui oggi è superstite testimonianza il suggestivo ed aereo "Sentiero dei Fiori" che percorre tutta la cresta. Altre azioni in direzione della Conca Presena furono tentate nell'autunno ma si conclusero senza alcun successo. Nella zona del Montozzo, ala destra del fronte del Tonale, le azioni più significative del 1915 portarono alla breve conquista italiana del Torrione d'Albiolo, presto ripreso dagli imperiali.

Durante il primo inverno di guerra il territorio decisamente ostile e le avversità atmosferiche costrinsero i contendenti ad immani opere di approntamento e di logistica per poter svernare a quote così elevate, in condizioni climatiche al limite della sopravvivenza. Se da un lato gli italiani avevano rafforzato la “Linea dei Passi”, gli austriaci erano saldamente radicati alla testata della Val di Genova, intorno al Rifugio Mandrone, con presidi avanzati sulla dorsale montuosa Lobbia Alta - Monte Fumo. Fu in direzione di questa linea che si concentrarono le azioni italiane della primavera del 1916.
Il 12 aprile gli alpini, raggiunsero Passo Brizio e, irradiandosi a ventaglio sul ghiacciaio, conquistarono con difficoltà la linea Lobbia Alta-Cresta Croce-Dosson di Genova-Monte Fumo, presidiata dagli austriaci.

Due settimane dopo, il 29 e 30 aprile, fu attaccata e presa solo in parte anche la più orientale delle linee di difesa austriache: la cresta Crozzon di Folgorida - Crozzon di Lares - Passo di Cavento.
All'azione di fuoco contribuì anche un cannone da 149 G piazzato al Passo Venerocolo, il più grosso pezzo d'artiglieria mai portato a quote così elevate. Il suo trasporto richiese sforzi eccezionali a centinaia di soldati per quasi tre mesi, ma poi contribuì notevolmente a tutte le successive battaglie del fronte dei ghiacciai. Oggi monumento nazionale esso è ancora nella sua ultima postazione di Cresta Croce, a 3276 metri di quota.
Dopo due giorni di sanguinosi combattimenti l'azione fu sospesa pur mantenendo gli austriaci ancora saldamente le posizioni centrali dei Passi di Fargorida e delle Tolette, avendo respinto ogni attacco. La situazione fu sbloccata qualche giorno dopo da una pattuglia di alpini che, aggirando le posizioni nemiche del Crozzon del Diavolo, costrinse al ripiegamento gli avversari; le truppe italiane furono così in grado di dilagare in Val di Genova, giungendo fino alle porte di Carisolo. L'improvvisa offensiva austriaca nota come “Strafexpedition”, sferrata nel Trentino orientale, costrinse però gli italiani ad interrompere la loro avanzata, essendo divenuta prioritaria la difesa degli altipiani.

In seguito all'occupazione delle due dorsali al centro delle vedrette adamelline si presentò il problema di organizzare la logistica di questa nuova parte del fronte. Al Passo Garibaldi, ove giungevano le teleferiche che risalivano da Temù la Val d'Avio, sorse un grande villaggio militare. Da questa posizione, attraversando i ghiacciai del Mandrone e della Lobbia, i rifornimenti raggiungevano le posizioni più avanzate trasportati da slitte trainate inizialmente da muli, in seguito sostituiti da cani, animali molto più veloci e resistenti al clima d'alta quota. L'inverno si presentò subito quale nemico implacabile: temperature bassissime e abbondanti nevicate, seguite da micidiali valanghe, provocarono infatti numerosissime vittime lungo tutto il fronte dell'Adamello.
Sull'Adamello il 1917 fu un anno di relativa calma: l'esercito italiano era infatti impegnato nelle sanguinosissime battaglie dell'Isonzo. Unica azione di rilievo ebbe luogo il 15 giugno con la conquista da parte degli italiani del Corno di Cavento a 3402 metri di quota.
Gli abitanti dell'Alta Valle Camonica, e soprattutto quelli di Ponte di Legno, ricorderanno però il 1917 come il più nefasto dei quattro anni di guerra: il 27 settembre, infatti, gli austriaci bombardano l'abitato di Ponte distruggendolo completamente.
Passato l'inverno del 1917, e fermata l'onda absburgica seguita alla rotta di Caporetto, per il 1918 i comandi italiani del settore dell'Adamello prepararono nuove offensive. L'esercito austroungarico era ormai immerso nella grave crisi politica ed economica interna: impossibili gli approvvigionamenti di materie prime e capitali a causa del blocco imposto dall'Intesa, le risorse stavano rapidamente esaurendo.

Piccole azioni furono dirette, nel mese di maggio, verso le propaggini della cresta Punta dell'Orco-Fargorida, ma furono solo i preparativi della più grande battaglia dell'intero fronte dell'Adamello: la conquista della Conca Presena, spina nel fianco dello schieramento difensivo italiano.
Questa azione, la più significativa e complessa tra tutte le battaglie della “Guerra Bianca”, si svolse tra il 25 e il 28 maggio 1918 e vide impegnati numerosi battaglioni di alpini e oltre 200 pezzi d'artiglieria di ogni calibro.
Il 13 giugno, gli austriaci, in concomitanza con un analogo estremo attacco sul Piave, sferrarono sul Tonale la “Lawine-expedition” (Offensiva Valanga), ma gli italiani resistettero per due giorni ai pressanti assalti, costringendo infine gli austriaci a desistere.
Il 15 giugno, gli austriaci, con un'azione ben riuscita, rioccuparono di sorpresa il Corno di Cavento, esattamente un anno dopo averlo perduto. Il Cavento però resta in mani austriache ben poco: il successivo 19 luglio, infatti, gli italiani rimisero piede sulla posizione e fu definitivamente.
Il 13 agosto, una nuova offensiva italiana cercò di completare l'occupazione della Conca Presena.
Il 1° novembre 1918, il Passo del Tonale fu ancora una volta campo di battaglia: gli imperiali, allo stremo delle forze ma fedeli al compito di difesa assegnato, combatterono con le ultime risorse, senza tuttavia fermare l'esercito italiano che dilagò in Val di Sole catturando interi reparti avversari.
Finita la guerra, su quelle tormentate montagne, scese il velo silenzioso della pace.
Una indimenticabile pagina di storia è stata scritta col sangue, da uomini che, senza odio, combatterono per la difesa della propria Patria."  (ricostruzione storica dal sito Museo della Guerra Bianca dell'Adamello)

5.2 L'escursione
Per accedere al Cevedale o al Ghiaccio dei Forni è oggi possibile partendo da Santa Caterina Valfurva
- Cevedale: Santa Caterina Valfurna, Albergo Ghiaccio dei Forni; inizio sterrato per Rifugio Pizzini/Frattola (memorabile la scritta che riporta al suo esterno: "la faticosa conquista delle eccelse vette rinvigorisce il corpo, la mente, il cuore e ci avvicina più di ogni altra forma terrena al Divino Creatore"), ultimo tratto ripido fino al Rifugio Casati, ricostruito sui resti di una precedente costruzione.
- Ghiaccio dei Forni: Santa Caterina Valfurna, Albergo Ghiaccio dei Forni; inizio sterrato per Rifugio Branca a ridosso dell'inizio del ghiaccio.

 

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Passo del Tonale

 

6.1 L' Inquadramento Storico
In fase di allestimento ...

6.2 I forti Austriaci sul Passo del Tonale
In fase di allestimento ...

6.2 Il Forte Corno D'avola  (escursione 04 giugno 2005)
In fase di allestimento ...

Salendo verso Il Forte Resti del Forte La chiesa risparmiata

Salendo verso il Forte Corno D'Aola (Passo del Tonale)
1. Sulla strada militare sterrata verso il Forte - 2.I Resti del Forte fatto saltare dai Tedeschi nella seconda Guerra Mondiale
3. La chiesa risparmiata dall'esercito Tedesco

Verso la prima linea Il Monte Corno D'Aola

Dal Forte verso la Prima Linea (Passo del Tonale)
1. Tratto di Trincea- 2.Verso il Monte Corno D'Aola, si intravede il camminamento militare lungo la montagna

 

6.3 Il Forte Sertoli ai Canali (escursione 30 ottobre 2006)
In fase di allestimento ...

Il Forte Sertoli

Il Forte Sertoli ai Canali (Aprica)

L'interno del Forte Particolare della Crazzatura delle finestre

Il Forte Sertoli ai Canali (Aprica)
1.L'interno del Forte - 2. Particolare della Crazzatura delle finestre

 


Pizzo San Matteo

 

 

 

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L'Adamello ed il Brenta

In fase di allestimento ...

7.1 L' Inquadramento Storico
7.2 L'Escursione

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La Valle delle Chiese fino a Riva del Garda

Museo di Bersone

Bersone  - Il Museo della Grande Guerra

9.1 L' Inquadramento Storico
9.2 L'Escursione sui sentieri militari

9.1 L' Inquadramento Storico
Il basso corso del Chiese nella storia rappresentò spesso il punto di cesura tra due mondi culturali (le Alpi e la Padana, l'elemento italico e l'elemento nordico), culminando con momenti di notevole importanza storigrafica; Cimego che ne rappresenta il fulcro, fu direttamente coinvolto, tra gli altri, nei seguenti grandi eventi:

- La battaglia delle truppe garibaldine contro l'esercito imperiale austro-ungarico del 1866
La battaglia del 16 luglio 1866 è uno dei momenti fondamentali dell'avanzata garibaldina dal lago d'Idro verso nord (culminata con la vittoriosa battaglia di Bezzecca e l'inevitabile successivo ritiro oltre il Caffaro); mentre il grosso del contingente, occupato il forte di Ampola presso Storo, si dirigeva verso la val di Ledro, il generale austriaco Kuhn attaccò i reparti garibaldini posti a presidio di Condino che, incautamente, si disponevano a procedere verso i forti di Lardaro, massacrandoli presso il ponte di Cimego; solo a tarda ora il sopraggiungere di rinforzi guidati dallo stesso Garibaldi consentì la riorganizzazione e, mediante un'abile controffensiva, la messa in ritirata delle truppe imperiali. Dell'evento restano il monumento, posto a monte del famoso ponte (ricostruito successivamente), in posizione ormai seminascosta, soggetto a rivalorizzazione e ricollocazione lungo il percorso in destra orografica (punto 37), ed alcuni dipinti, in pessimo stato di conservazione, sulla facciata sud di una casa privata (usufruita all'epoca come quartier generale), oltre la strada statale, di rimpetto all'albergo "Aurora" (punto 41).

- La creazione del fronte italiano contrapposto alla linea austriaca dal 1915 al 1918.
La Valle del Chiese è stata teatro durante la 1ª guerra mondiale di cruenti combattimenti, essendo linea di confine tra l'impero Asburgico e il Regno di Italia. Tali vicende l'hanno segnata profondamente e tuttora resistono le testimonianze di quel tragico periodo costituito da forti, trincee, linee di sbarramento e mulattiere.
Fra il 1915 ed il 1918 le montagne giudicariesi (su tutte l'Adamello, ma anche il Cadria) furono trasformate in un fronte di guerra. Sui ripidi pendii e sui nevai, sulle creste e fra i crepacci vennero mandati a combattersi ragazzi provenienti da varie regioni d'Europa, dall'Austria all'Ungheria, dalla Boemia alla Moldavia, dal Piemonte alla Lombardia. Chi sotto generali austriaci, chi sotto generali italiani, tutti furono costretti a tracciare mulattiere, ad impiantare teleferiche, a costruire baracche, a trascinare fino in quota obici pesanti come case, a soffrire il freddo degli inverni del ghiacciaio. Furono costretti a spararsi addosso perchè ufficialmente nemici.
Di quei poveretti rimane ancora memoria sotto uno strato di terra o di neve. Rimangono piastrine di riconoscimento, baionette, fucili, bombe a mano; e ancora proiettili, filo delle teleferiche, stufe, pentole, giberne...Insomma, su queste montagne rimane il ricordo tangibile di gente che è vissuta e, peggio, è morta fra le fatiche e le bombe.
Il Basso Chiese fino a Cimego-Monte Melino (destra orografica) e alla Valle di Caino-Cima Palone (sinistra orografica) fu occupato dalle truppe italiane nel 1915; la "tagliata" dei forti austriaci presso Praso, Lardaro e Por (ben visibili dal sentiero del Rio Caino) bloccò l'avanzata e le guarnigioni nazionali stazionarono sino alla fine del conflitto in detta posizione. Oggi sono visitabili le trincee ed i camminamenti coperti edificati in calcestruzzo armato e, previo opera di restauro e ricollocazione, due tipiche fontane di servizio agli insediamenti militari; a titolo di memoria storica sono riconoscibili l'ubicazione dell'allora ospedale militare e altri insediamenti. Numerosi oggetti bellici sono stati raccolti e conservati nella zona; senza prevedere appositi allestimenti museali (due Comuni vicini dispongono già di piccole esposizioni sul genere) si propone pi che altro valorizzare quelle particolarità (tutti i musei della Guerra in Trentino recano oggettistica austriaca) che dovessero emergere dall'italianità del fronte di Cimego.

I Forti della Valle

Forte Larino

Forte Larino

Le imprese di Garibaldi e lo scontro della Grande Guerra non restano senza testimoni nella Valle del Chiese. Dei 5 forti fatti costruire dagli Austriaci a cavallo tra il 1800 e il 1900, ne restano oggi tre: forte Larino a Lardaro, forte Corno a Praso e forte Carriola a Pieve di Bono. I primi due rappresentano dei piccoli gioielli di architettura militare, mentre il terzo con i suoi ruderi ricorda i tempi in cui gli Austriaci ed italiani si fronteggiavano sul fronte della guerra 15'-18', ancora prima, quando Garibaldi con i suoi mille tentava di riportare all'Italia queste terre rimaste sotto il dominio austo-ungarico fino a poco più di 80 anni fa.
Forte Larino
Posto sul fianco destro della Valle a circa 1 Km a sud di Lardaro. Costruito tra il 1860 e il 1862, sorge ad occidente della strada su uno sperone che scende dal Doss dei Morti sul fondo Valle. L'elevazione del forte sul piano della rotondità è di circa 30 metri. Forte Larino era costituito da una batteria casamettata, da due batterie in terra e da un fabbricato ad uso magazzino e caserma.
Forte Revegler
Situato sulla strada che risaliva dal bresciano, costruito negli anni '60 di due secoli fa, era uno dei più vecchi forti trentini. Demolito dopo la guerra '15-'18 le sue pietre sono state usate per la costruzione del convento di Condino.
Forte Danzolin
A quota 800 mt, è fra i più antichi del gruppo giudicariese e dell'intero Trentino. La sua costruzione risale a più di un secolo fa, fra il 1862 e il 1866, sorgeva a quota 800 alla confluenza tra il Rio Maràc e il Rio Adanà, dirimpetto al Larino e al Reveglér. Durò ben oltre il primo conflitto mondiale e venne adibito, dal Demanio Militare Italiano, a deposito di munizioni. Fu fatto saltare nel 1947, dopo che nel 1941 era stato restituito all'autorità militare.
Forte Corno
Si trova a quota 1068 mt., una strada militare lo collegava al fondo valle. Costruito tra il 1890 e il 1892, nella seconda fase del rafforzamento dei confini fu rimodernato tra il 1909 e il 1910; aveva tre cupole corazzate girevoli, armate con obici da 100 mm. Quando scoppiò la guerra venne disarmato perchè considerato obsoleto. Nel conflitto 1940 – 1945 fu usato come postazione di mitragliere.
Forte Carriola
Situato su un cocuzzolo sul fianco sinistro della Valle a 1054 mt di quota, 300 mt sopra il paese di Por (Pieve di Bono), venne eretto nel 1910 con funzioni di collegamento con la Valle di Ledro. Fra gli ultimi costruiti in Trentino, si avvalse di tutti i ritrovati tecnologici: fu abbondante il ricorso al calcestruzzo armato con putrelle di 50 cm di altezza. Il forte fu fatto saltare alla fine del conflitto per recuperare il materiale ferroso.

9.2 L'escursione
"A chi la guardi dall'alto, da una delle montagne che le fanno da corona, la Valle del Chiese appare una tipica valle di montagna, adagiata sulle sponde del fiume che la percorre da nord a sud e che si allarga alla fine nell'azzurro abbraccio del lago d'Idro. Tranquillo e pittoresco, il lago offre un ambiente piacevole e riposante; le sue sponde sono così costantemente ventilate da renderlo molto apprezzato agli sportivi appassionati di vela, canoa e windsurf.
Turisticamente suddivisa in due, il Consorzio Turistico Alta Val Giudicarie ed il Consorzio Turistico Val del Chiese, dal punto di vista geografico, l’alta valle è una propaggine del grandioso massiccio dell'Adamello e presenta tutte le caratteristiche dell'ambiente alpino caro alla nostra memoria: torrenti spumeggianti, boschi selvosi, macchie di prato che si spingono fino ai 1500 metri, distese di pascoli, alte cime, un cielo limpidissimo."

- Bersone: il museo della Grande Guerra: vuoi la pace? Impara a conoscere la guerra. È questo il motto che ha spinto un gruppo di giovani appassionati della Valle del Chiese a mettere in piedi un piccolo, ma significativo Museo della Grande Guerra, ospitato nell'edificio municipale di Bersone. La conservazione di queste testimonianze rappresenta un momento di memoria storica sicuramente significativo per le nuove generazioni.
- Bondo: Il cimitero monumentale Austro-Ungarico: il cimitero, fatto costruire a partire dal 1916 per iniziativa di un comandante austriaco, Theodor Spiegel, ospita 697 salme di soldati (5 ignoti) e presenta una struttura architettonica di grande interesse. Era intenzione del comandante dare onorevole sepoltura ai suoi militari che avevano combattuto e che perirono sulle montagne giudicariesi. Con il passare degli anni è diventato un monumento ai Caduti di tutte le guerre, monito perenne alla pace.
- I Sentieri Militari della Grande Guerra ed il giro delle malghe.
Partendo da fondo valle è necessario salire fino a Castel Condino ove la salita in alta quota procede con due possibili direzioni:
a) Malmarone e Malga Serolo, da cui inizia tutta una serie di sentieri sterrati e anoramici più o meno carrozzabili che permettono di effettuare un ampia escursione in alta quota ripercorrendo i camminamenti militari della Grande Guerra (C.ma Pissalat, Grotta Rossa, P.so di Brealone, P.so delle Cornelle, P.so di Portole);
b) Valle Aperta anche luogo di vicende legate alla Grande Guerra.

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Mario Ravasi è
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